2. Gli incantatori di serpenti

Gli incantatori di serpenti sono la figura più emblematica di questa triste quanto assurda storia, che, dopo 2 anni stiamo ancora vivendo.
I saperas, così chiamati in India, sono specializzati nel catturare gli esemplari delle specie più pericolose per poi farli danzare suonando il pungi, uno strumento a fiato molto simile al flauto a due canne.

Rendete veramente giustizia, o potenti,
giudicate con equità gli uomini?

No! Voi commettete iniquità con il cuore,
sulla terra le vostre mani soppesano violenza.

Sono traviati i malvagi fin dal seno materno,
sono pervertiti dalla nascita i mentitori.

Sono velenosi come un serpente,
come una vipera sorda che si tura le orecchie,

che non segue la voce degli incantatori,
del mago abile nei sortilegi.

Spezzagli, o Dio, i denti nella bocca,
rompi, o Signore, le zanne dei leoni
.

Si dissolvano come acqua che scorre,
come erba calpestata inaridiscano.

Passino come bava di lumaca che si scioglie,
come aborto di donna non vedano il sole!

Prima che producano spine come il rovo,
siano bruciati vivi, la collera li travolga.

Il giusto godrà nel vedere la vendetta,
laverà i piedi nel sangue dei malvagi.

Gli uomini diranno: “C’è un guadagno per il giusto,
c’è un Dio che fa giustizia sulla terra!”.


Salmo 58

 

Con la stessa abilità dei saperas, i nostri “incantatori di serpenti” attraverso i principali canali di informazione hanno stanato il serpente dormiente nell’animo umano o se non dormiente semplicemente nascosto, camuffato in buonismo  e hanno iniziato a incantarlo perché dalla cesta in cui era nascosto (l’intimo dell’animo umano) questi venisse fuori.
E fu così che l’#ANDRATUTTOBENE divenne lo slogan del lockdown, striscioni ovunque fuori alle finestre, stesi come lenzuola ai balconi, simbolo di coraggio e ottimismo e la convinzione che più ci saremmo sacrificati chiusi in casa, prima saremmo usciti da un incubo che era solo all’inizio. Purtroppo però questo sogno arcobaleno fu destinato a spegnersi in fretta perché la triste realtà soffiava sulla fiamma dell’ottimismo che cedette il passo a nevrosi e depressioni fino a concludersi, per molti, in un disperato suicidio o in ribellioni per strada placate dal TSO.
I virologi divennero le nuove stars indiscusse della TV italiana e il loro pungi, per un inaspettato gioco di parole, fu proprio quello che veniva definito vaccino, ma che in realtà è un farmaco sperimentale, testato in scala mondiale su quanti, incantati dal suono del pungi suonato con maestria, si fanno pungere il braccio ignari che da quella puntura entra il serpente velenoso, il cui veleno, continueranno a dire, salva.
Ma procediamo con calma e prestiamo attenzione ai dettagli…
E’ noto che da veleni di serpente sono stati sviluppati farmaci per la cura di alcune malattie o per la creazione di prodotti di bellezza per la pelle.
Il primo farmaco sviluppato per trattare l’ipertensione è derivato dalla tossina del veleno di una vipera brasiliana. Ma nel nostro caso, il confine tra beneficio del farmaco e maleficio è così astutamente sottile che la scelta tra i due è come sempre riposta nel libero arbitrio.

Nel voler tentare di dare a te, che hai scelto di leggermi, una più acuta interpretazione degli eventi finora vissuti e/o subiti, focalizzerò la nostra attenzione sul serpente di cui sopra e per farlo seguiremo le linee guida dateci dall’amato, a livello planetario, papa Francesco, promotore indiscusso del siero miracoloso tra i cattolici, sciogliendo ogni conflitto etico legato all’utilizzo di brandelli di feti abortiti vivi per la realizzazione di quello che conosciuto come il “miracoloso” vaccino a mRNA.
Era il 15 marzo 2016, una mattina di martedì quando papa Francesco, nella cappella della Domus Sanctae Marthae, propone la sua meditazione dal titolo “Il serpente che uccide e il serpente che salva” – facilmente reperibile tramite internet, visitando il sito del Vaticano.
E’ proprio grazie a questa summa interpretativa del sommo gesuita che potremmo, forse, comprendere meglio gli incantatori di serpenti che oggi, nella società globalista, indossano abiti senza genere e sono capaci di dire e mettere in atto dinamiche sociali in perfetta antitesi coi valori su cui si fondava la società fino all’avvento sulla terra del Covid-19.
Voglio credere che in molti, ingenui, non vi siate ancora accorti, che l’intenzione di una sconosciuta ed oscura camera di regia pare essere proprio quella di voler fare di questo virus lo spartiacque tra il vecchio mondo e il nuovo mondo, proprio come accadde con l’avvento di Gesù, che divise la Bibbia in Vecchio e Nuovo Testamento e così la storia in Ante Christum e Post Christum.
Secondo il pontefice argentino l’immagine del serpente è portatrice di un messaggio. Quale? Scopriamolo insieme…
Il serpente, ha detto papa Francesco, è il primo degli animali che viene nominato nel libro della Genesi ed è ricordato come il più astuto; ancora menzionato nel libro dei Numeri(21, 4-9) quando si narra di come nel deserto il popolo mormorasse contro Dio e contro Mosè: “Il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti, quelli mordevano la gente e un gran numero di israeliti morì”. Allora il popolo si pentì, chiese perdono e Dio ordinò a Mosè: “Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta. Chiunque sarà stato morso e lo guarderà resterà in vita”. Quindi, per logica, dopo 6 anni da questa sua omelia, il pontefice mette in atto ciò in cui crede e cioè che la salvezza si ottiene attraverso il serpente velenoso se questi viene innalzato (a Dio). E semmai apparisse, la mia, una illogica interpretazione, ecco che lo stesso controverso pontefice tenta di traslare la figura di questo serpente salvatore degli israeliti su Gesù innalzato sulla croce e lo fa dicendo che “Gesù si è fatto peccato” per la salvezza degli uomini, ammettendo di conseguenza, ma in modo non a tutti comprensibile,  che il serpente è il peccato.
E’ bene chiarire questo passaggio, perché è in atto una battaglia decisiva tra Bene e Male e fu lo stesso allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte a sentirne il peso quando, in una delle sue dirette di inizio pandemia , disse “noi non siamo il governo delle tenebre” eppure seguendo una cavalcante fantasia i famosi DPCM erano decisi sempre di notte, col favore delle tenebre…
Non bisogna essere teologi per sapere che quando Gesù parla di vita e di morte lo fa sostanzialmente in riferimento alla salvezza dell’anima. Vedere in Cristo morto in croce il serpente innalzato da Mosè significa usare la Parola in maniera ingannevole e giocare di astuzia.
In ultima analisi, secondo papa Francesco il peccato “è l’opera di Satana e Gesù vince Satana facendosi peccato” – cioè un paradosso: è come dire l’acqua santa spegne il fuoco dell’inferno facendosi fuoco dell’inferno.
Secondo questa logica, per vincere il virus devi diventare virus e quindi il siero non è antivipera, ma è per trasformarti in vipera!
Quando Dio dice a Mosè che tra quelli morsi dal serpente, soltanto quelli che lo avrebbero guardato negli occhi (quindi con l’anima) sarebbero stati salvati  – vuol dire all’uomo che solo guardando e riconoscendo il peccato per cui si è morti dentro si potrà essere salvi, rinnegandolo!
 La funzione salvifica del serpente, di fatto, non c’è perché da un veleno si guarisce con l’antidoto no iniettando il veleno stesso.
Gesù morto sulla croce salva perché diventa antidoto del veleno del serpente/ peccato/ virus .
“Siate candidi come colombe, ma astuti come serpenti ”. Mt 10,1

IL VOLTO DELL’UMILE

“L’umile si avvicina alle bestie feroci, e appena il loro sguardo si fissa su di lui, la loro brutalità si placa; e si avvicinano e si uniscono a lui come al loro signore e gli fanno festa con la loro coda e leccano le sue mani e i suoi piedi. Infatti sentono che da lui esce quell’odore che emanava da Adamo prima della trasgressione del comandamento, quando si erano riuniti presso di lui ed egli aveva imposto loro i nomi, nel paradiso; quell’odore che noi abbiamo perso e che Cristo, con la sua venuta, ci ha restituito rinnovato; lui che ha reso profumato l’odore della razza degli uomini.

Se l’umile si avvicina ai rettili mortiferi, appena il tocco della sua mano raggiunge i loro corpi, egli lenisce la feroce violenza del loro veleno mortifero e li accarezza con le sue mani come se fossero cavallette.”


tratto da L’Umiltà, Isacco di Ninive (613 circa – Ninive, Mesopotamia 700)
mistico, teologo, vescovo cristiano sirio, venerato santo in tutto l’oriente cristiano.

1. L’ERA DEL TAMPONE

Tutto incominciò con un #ANDRATUTTOBENE … che poi l’ipotesi che sarebbe potuto andare di male in peggio sembrava non interessare a nessuno o meglio quasi tutti erano certi che in 15 giorni, come ci era stato detto dal governo, ne saremmo usciti a patto che fossimo rimasti tutti chiusi in casa. Era il 10 marzo 2020 quando imparammo a masticare la parola lockdown e più la masticavamo più sentivamo svanire in bocca il gusto e i profumi della libertà.
Protagonista indiscusso di questa assurda quanto spietata storia è un virus fino ad allora sconosciuto al popolo, chiamato COVID19, sfuggito, dicono, al controllo di un laboratorio cinese di manipolazione dei virus, diffusosi nel mondo sulle ali dei pipistrelli e, come un killer spietato, capace di mietere vittime su vittime in tutto il mondo, perché la cura era ancora ignota o meglio nota ma costosa o meglio: si può sperimentare un vaccino a mRna sulla popolazione mondiale totalmente spaventata e consenziente! …diabolicamente possibile.
Lo so, detta così sembra un racconto dark di fantascienza, magari tratto dal celebre fumetto Dylan Dog oppure un film della Marwell anche un po’infantile, frutto di fantasie vivaci alle quali però tutto il mondo ha dovuto credere, perché non vi è finora mai stata una spiegazione scientifica di come un virus appartenente alla famiglia dei coronavirus (cioè quelli dell’influenza stagionale, cioè quelli che mutano continuamente) abbia potuto giustificare una Pandemia volta a cambiare le regole del mondo e il suo ordine, fino a far sprofondare tutti e tutto nel totale caos e delirio di onnipotenza dei politici e dei potenti.
Sembra, infatti, che il pipistrello non fosse altro che un vampiro anzi un’entità capace di entrarti dentro per succhiarti la vita grazie alla proteina spike ed è una tesi molto accreditata questa tra gli etichettati “complottisti” .

L’idea è nata da una maestra piemontese per divertire i suoi bambini ed è diventata subito virale sui social: si tratta di un post Facebook che sta facendo il giro d’Italia che dice più o meno così:
“Ogni famiglia dovrebbe disegnare un arcobaleno su un cartellone o un lenzuolo con la scritta ANDRÀ TUTTO BENE per poi appenderlo su finestre, balconi e terrazze”

Arcobaleno #andràtuttobene Coronavirus: significato e come farlo – GBR (giochibambiniragazzi.it)


Il Venti.Venti appena cominciato si preannunciava un anno di crisi e paura e non riuscirono i canti sui balconi e gli striscioni #ANDRATUTTOBENE, né le delizie di pane dolce o salato, i kili presi e i video strambi realizzati in casa per distrarre il tempo, ad alleviare la morsa di terrore che man mano si diffondeva a causa del virus onnipresente h24 su tutti i canali di comunicazione di massa. Stavamo vivendo un Truman Show con le ambulanze vuote che circolavano a sirene spiegate per infondere terrore, le auto della polizia municipale in giro per i quartieri a intimare attraverso un megafono di non uscire dalle case tantomeno durante il coprifuoco notturno: solo gli autorizzati potevano uscire di giorno previo bolla di accompagnamento, in assenza della quale si rischiava multa o addirittura denuncia penale! Eh sì, addirittura il coprifuoco…. Addirittura la denuncia penale…
Era il deserto, fuori e dentro le case e molte si trasformarono in trappole infernali, i più reconditi incubi che prima la vita nel suo scorrere teneva sopiti negli animi umani, presero possesso delle persone e queste mutarono. Il virus seppur non contratto ebbe questo potere su molte menti e coloro che sopraffatti dalla paura avevano ceduto il loro corpo pur di avere l’utopica certezza dell’immortalità, persero finanche il ricordo di se stessi.
Non ci volle molto tempo perché numerose attività commerciali fallissero a causa della crisi economica che il lockdown aveva portato con sé.
Il mondo stava cambiando, la società stava cambiando, le persone sarebbero cambiate e molte si sarebbero mostrate intanate come in COVIDivipere…
Iniziava l’era del tampone necessario pure per salire su un autobus, ma nella memoria televisiva di noi italiani resteranno le file di camion dell’esercito che trasportavano corpi di morti a Bergamo, uccisi dal virus (si saprà solo dopo, ma non si dovrà mai dire quindi leggete come se non aveste letto, che quelli furono martiri e che a ucciderli furono cure sbagliate), destinati alla cremazione, chiusi in un sacco, privati dell’estrema unzione e della pietas dei parenti; inceneriti senza prima alcuna autopsia che potesse aiutare la scienza a capirne un po’ in più su questa sconosciuta entità. Ma per fortuna qualche medico coraggioso osò dare voce a quel silenzio degli innocenti me qualcuno di questi medici da innocente scomparve alla memoria.
Iniziava l’era delle morti sospette e dei suicidi di medici e scienziati che avevano scoperto cure efficaci e molto meno costose, l’era dei medici sospesi dalla professione per aver curato pazienti e salvato vite non attenendosi al protocollo di cure ufficiali  e l’era dei lavoratori over 50 a cui non è concesso lavorare se non vaccinati per il covid19, l’era delle morti da malore improvviso e delle morti nel sonno.
Benvenuti nell’era del tampone! …molecolare, rapido, antigenico, salivare… a costi elevatissimi per un business mozzafiato>> è davvero il caso di dirlo!


Pirati dei Caraibi – Oltre i confini del mare — Uomini del Re – clip dal film | HD – YouTube


INCUBAZIONE

E’ trascorso esattamente un anno dalla mia malattia Covid19, che si aggravò perché le indicazioni del protocollo di cura ufficiale in caso di sintomi iniziali erano, e lo sono tuttora, tachipirna e vigile attesa e queste si sono rivelate fatali per tantissimi contagiati, me compresa, che mi considero una morta e poi risorta.
Seguendo questa direttiva la maggior parte dei medici di base non si sentiva obbligata a fare altro che abbandonarti al tuo destino, ignorando i messaggi al telefono di richieste di aiuto per quella fame d’aria che non dà tregua; visualizzati anche dopo 24 ore e che non ricevevano alcuna risposta da un’umanità in molti medici estinta e quindi il protocollo della speranza di guarigione diventava nel giro di pochi giorni il protocollo della condanna a morte. Era come se l’obiettivo segreto da perseguire non fosse quello di curarti, ma di farti peggiorare così che se morto avresti aumentato il numero dei decessi e se in ospedale allora potevi valere denari per ogni giorno di degenza in ospedale, isolato da affetti, come un insetto intrappolato nella ragnatela, consapevole che il ragno ti sta chiudendo in un bozzo prima di mangiarti ed è lì che molti si sono arresi, lasciandosi morire pensando di non avere alcun scampo. In entrambi i casi tu, ammalato, avresti avvalorato la Pandemi(m)a.
Un anno di “incubazione”, prima di pubblicare questo mio sebbene ne avessi annunciato l’intenzione già da tempo, perché i segni psicologici e fisici che questo virus lascia su chi lo ha contratto nella sua forma e variante aggressiva, fa sì che tu viva quello che la scienza chiama long covid, ma in realtà credo sia più simile ai postumi di una tortura, con la sola differenza che il torturatore era dentro di te e io fin da subito l’ho chiamato l’Entità.
Un anno di incubazione perché volevo osservare le reazioni nel tempo di chi per me non c’era stato, mostrandomi un volto crudele come solo il disprezzo sa dipingere sul volto di un essere umano. Volevo anche fare emergere dai pochi dettagli della mia esperienza vissuta come un’esperienza mistica del dolore e pubblicati attraverso i miei canali social, le reazioni di chi mi ha ulteriormente attaccata perché sopravvissuta grazie alle cure non ufficiali, come dire “ sei un ammalato scomodo…”
Come promesso COVIDivipere è pubblicato sul mio sito in forma di  ex voto a Maria Auxilium Christianorum, per grazia ricevuta – fu infatti all’alba del giorno in cui la Chiesa festeggia, il 24 maggio, che mi risvegliai guarita e già negativa al virus, dopo 14 giorni di sofferenza ininterrotta.
Correva l’anno 2021.

A Gesù Cristo, mio sposo dell’anima, che al mio cuore confidò in anticipo tutto quello che avrei sofferto e perché dovevo attraversare un tale martirio. Nelle tue mani, oh mio Dio, ripongo questa mia umile testimonianza, perché possa essere lume e/o consolazione per quanti ne hanno bisogno… Nel tuo Sacro Cuore ripongo ogni mia intenzione di scrittura perché possa raggiungere ogni lettore nel Tuo Nome e secondo la Tua Divina Volontà… Il Tuo Sacratissimo Sangue scenda su ogni parola da me scritta per fortificarla e sopra il demonio per abbatterlo.

Dedico questo mio a tutte le anime che, come me, hanno vissuto la profonda solitudine nella sofferenza a causa di questa entità, ai tantissimi che sono morti sopraffatti dalla paura e dal panico nei loro ultimi istanti vissuti nell’abbandono totale; ai loro cari che non hanno potuto nemmeno vederli se non portati via in una sacco per poi essere bruciati; a quelli che non hanno ricevuto nemmeno il sacramento dell’Estrema Unzione perché i preti, timorosi del virus più che di Dio, hanno tradito la loro missione sacerdotale e a quelli che in unione con Dio hanno continuato coraggiosamente a nutrire le anime senza offendere in nessun modo il Corpo di Cristo.

Dedico, altresì, questo mio a quanti hanno espresso al meglio del peggio la cattiveria che hanno dentro, cogliendo l’occasione per infierire contro chi stava soffrendo combattendo la battaglia per la sopravvivenza e aveva bisogno di pace, amore e tranquillità, ma ha ricevuto isolamento, diffamazione  e un carico di ulteriori difficoltà: ne risponderete davanti a Dio!
Sarà sicuramente l’unica volta che dedico un mio libro a persone cattive e prive di scrupoli e lo faccio non perché spero che questo mio possa smuovere la loro coscienza imputridita e i loro cuori impietriti, ma perché sono le vipere velenose che avvelenano questo mondo, il virus sono loro, loro sono i COVIDivipere.

Dedico questo mio ai vivi e ai defunti che mi hanno sostenuto con la preghiera, facendomi sentire la vicinanza spirituale di cui avevo bisogno per combattere l’entità.

Dedico questo mio alle due persone (L.P. R.G.) che hanno aiutato me e i miei figli durante quei giorni di tormenti, superando ostacoli e percorrendo chilometri per lasciare fuori la porta di casa oltre alla spesa, al cucinato e alle medicine anche i loro sguardi di affetto che mi abbracciavano non facendomi sentire sola.
A mio padre, che in quei giorni della mia malattia si chiuse nella preghiera perpetua offrendo il suo dignitoso martirio interiore per la sua amata figlia, assalita da quel virus letale di cui i virologi, che lui ascoltava in televisione da mesi, spiegavano.


In ultimo, ma non certo per importanza, tutt’altro…

Dedico questo mio a una donna straordinaria, una dottoressa straordinaria che, insieme a tanti medici come lei intrisi di profonda umanità e fedeli al giuramento di Ippocrate, sono i veri eroi della pandemia Covid19: La dottoressa Luisa C.   
Se non fosse esistito Facebook non avrei “incontrato” quest’angelo a 1000 km di distanza da me, in quel pezzo d’Italia ove i morti furon tantissimi …
Dal mio SOS lanciato forse troppo in ritardo nel Gruppo facebook per le Cure Domiciliari Covid19 – suggeritomi da alcuni di voi amici del social – lei  decide di prendermi in cura, di tentare l’impossibile: salvarmi la vita.
Ma il nostro incontro e il come mi ha assistita merita un racconto meno affrettato e quindi ne dirò meglio in seguito, in questo libro virtuale che spero abbiate voglia di leggere.
A te cara Luisa,
che mi hai curata da lontano anche con la medicina dell’amore, come una mamma…
Ti sarò per sempre grata e a te unita da profondo affetto.


San Michele Arcangelo

Infine un doveroso ricordo del professor Giuseppe De Donno, pioniere della Plasmaterapia che salvò tante vite al Poma di Mantova, durante quei primi tragici mesi della Pandemia …
A un anno esatto dalla sua prematura morte, forse da molti dimenticata, ma che resterà sempre avvolta da un velo nero di mistero.


“La terapia con il plasma costa poco, funziona benissimo, non fa miliardari e io sono un medico di campagna, non un azionista di Big Pharma. I miei colleghi – dice De Donno – non rispettano più il giuramento di Ippocrate ma pare abbiano fatto un giuramento da ‘ippocriti’. C’è tanta ipocrisia e sono infuriato perché siamo in mano a scienziati prezzolati”.
Questo ha dichiarato recentemente, per poi aggiungere: “Ho due rimpianti: dovevo iniziare ad alzare la voce prima e in maniera più energica. Il mio era un dovere civico. Se tutto continua a restare in mano a questi scienziati prezzolati non si va da nessuna parte. Quando parlo a un congresso, la prima slide che proietto riguarda il conflitto di interessi. Io non ne ho, non ne ho mai avuti. Mi piacerebbe che i medici che vanno in tv facessero lo stesso”.
fonte web

Angeli Noi

Buona Festa degli Angeli 🌹
Ti sorrido…
•in foto Daniela Schiarini

Mentre scriveva di sorrisi, ricami di emozioni e voli dell’anima, la poetessa viveva il momento più triste e angoscioso della sua vita. Proprio lei… che per tutti scriveva poesie come inni alla Gioia!

Il suo era un affannoso e instancabile monito al volo dell’anima: andare oltre e non per desio di trasgressione, ma per vivere la propria anima e farlo intensamente… e farlo oggi, in una realtà ove imperversano perverso modalità di dialogo… in questa realtà la sua vera trasgressione era vivere la Poesia.

da “tr@ Schermo &Anim@”
2012
di Daniela Schiarini

https://m.facebook.com/daniela.schiarini/albums/3451032695012/?ref=bookmarks

Grazie a tutti per l’affetto che in questi anni abbiamo coltivato insieme ❤

Daniela Schiarini

I Turchini, storia di una Congragazione di “Maestri Sine Saccis”

“Credete e vedrete” dice Gesù e questo vale per tutti i cuori puri che si dispongono ad accoglierlo affinché lo Spirito Santo possa agire su di noi, in noi e attraverso noi.

Anche la storia che sto per raccontarvi in questa rubrica I SEGNI DELLA FEDE, mi giunge come una eco dal passato, un passato molto lontano; anime devote e pervase dall’amore per Gesù Cristo e dalla devozione alla Passione del Venerdì Santo devono aver condizionato in qualche benevolo modo la mia solita permanenza a Procida al punto da trasformare la mia prima passeggiata in bicicletta dopo 30 anni, in un appuntamento con la Congregazione dell’Immacolata, formata da laici (sine saccis appunto, cioè senza saio) ed eretta a Procida presso l’Abbazia di San Michele Arcangelo il 16 maggio 1627 e di cui tra 7 anni (7 è il numero dell’Arcangelo)si festeggeranno gli 800 anni di attività e missione.

Sento quindi doveroso, vista la casualità degli eventi che mi hanno fatto imbattere in questa realtà vocazionale a me prima sconosciuta, dedicare tempo, attenzione a delle anime che, mi piace pensarlo, hanno voluto che fossi proprio io a raccogliere i segni perché giungesse anche ad altri la loro testimonianza di fede nei secoli.

Un mio errore nel vedere in ritardo una segnaletica stradale mi obbliga a proseguire per una strada diversa da quella che volevo percorrere e su questa strada, pedalando piacevolmente, vedo alla mia sinistra una chiesa aperta e riconosco in quel volantino messo all’esterno lo stesso che avevo letto altrove IL BELLO E IL SACRO mostra di arte sacra presso la Chiesa di San Tommaso d’Aquino.
“Ah, ecco dov’è!” penso e così decido, senza troppa esitazione di entrare, quindi parcheggio la bicicletta sul bordo strada e, previo aver indossato una fastidiosissima mascherina, varco il portale per essere accolta da una meravigliosa sacralità grazie alla diffusione di canti gregoriani e, riconoscerò poi essendone ormai io stessa frequentatrice, la messa solenne in vetus ordo ! Scatto poche foto, casualmente 7, perché penso che fare un video sia più suggestivo per poi accorgermi, a malincuore e solo più tardi, che non avevo registrato nulla e che il mio video si era interrotto dopo un paio di secondi…

In foto la mostra IL BELLO E IL SACRO presso la chiesa dedicata a San Tommaso d’Aquino
Procida, 28 Luglio 2020

La Congregazione dell’Immacolata fu da subito di carattere popolare e tra le file degli iscritti vi erano artigiani, contadini, quelli che un tempo erano definiti “gente terra terra”, ma che nel giro di poco tempo videro la congrega raggiungere gli 800 iscritti divenendo una vera e propria forza laicale, la cui guida spirituale era affidata a un sacerdote.

Oltre alla promozione del culto della devozione alla Beata Vergine Immacolata, i Confratelli dei Turchini – chiamati così perché la loro veste era un saio con cappuccio bianchi cinto da un cingolo e una mozzetta di colore turchese – ebbero particolare attenzione, fin dai loro inizi, alla Passione e morte di Gesù. Nel tempo le manifestazioni di penitenziale con la fustigazione degli stessi per le vie di Terra Murata divenne la Processione del Venerdì Santo, durante la quale, dal 1728, ad essere portato in processione è il Cristo morto nella stupenda trasposizione in scultura lignea (in foto).

La Processione del Venerdì Santo, oggi a Procida, rappresenta la massima espressione di religiosità popolare esistente, che viene seguita in modo massiccio dalla popolazione dell’Isola. Essa, nello spirito della Congregazione, non vuole essere una sterile manifestazione con aspetti anche di natura folkloristica, ma un momento che induca ad una preparazione spirituale che inizia già con la Quaresima, a cui i Confratelli e i fedeli tutti partecipano con animo ben disposto ad accogliere il messaggio universale di Cristo che muore per dare la vita a noi.

da PROCIDA TRA STORIA FEDE E TRADIZIONE
un fascicoletto che ho preso all’uscita della mostra IL BELLO E IL SACRO
presso la chiesa di San Tommaso d’Aquino

Nel leggere la storia di questa Congregazione mi appare chiaro che non pochi sono stati i colpi che ha dovuto subire, ahimè, dal clero locale, e non solo, che di secolo in secolo si susseguiva nel tentativo di limitarne le attività:
la stessa Processione del Venerdì Santo fu considerata un elemento di “disturbo” nel giorno più santo dell’anno piuttosto che riconosciuta quale momento di evangelizzazione per una pastorale giovanile volta all’accoglienza e alla conoscenza della gloria di Dio.
Ma fu soltanto dopo il Concilio Vaticano II – coincidenza? per un cristiano le coincidenze non esistono – che, a seguito di una Santa Visita fatta sul territorio da S.E. Cardinale Corrado Ursi nel 1968, fu abolita la celebrazione della Santa Messa Festiva nelle chiese non parrocchiali spezzando, in questo modo, la vita culturale della Congregazione tanto da farla cadere nel buio: per protesta il Priore si dimise e la chiesa rimase chiusa per molto tempo.
Ai Turchini, che avevano chiesto udienza al Cardinale che sembrò rivedere la sua scelta, fu concessa la possibilità di celebrare la Santa Messa prefestiva del sabato…

Ogni sabato, con notevole soddisfazione di tutti i Confratelli,tornarono ad essere uniti attorno alla Celebrazione dell’Eucarestia.
Tutto ciò purtroppo non durò molto, fino a quando con un provvedimento ancora più discutibile del precedente,fu abolita la Celebrazione della Santa Messa anche nei giorni prefestivi.
Il culto nella Congregazione fu ridotto ai minimi termini.
In realtà, nonostante i tanti e duri colpi subiti,la Congregazione non poteva morire e non è morta.
Oggi le attività sono molteplici e vanno da quelle statuarie a quelle culturali per quanto è rimasto fino ad una intensa attività culturale e di accoglienza, perché oggi, e ne siamo pienamente convinti, questo tipo di attività possono essere strumento di evangelizzazione.
Al termine di questa modesta nota storica sulla Venerabile Congregazione dell’Immacolata dei Turchini in Procida, si avverte il bisogno di ricordare e ringraziare quanti hanno dato il loro prezioso contributo affinché questa gloriosa Istituzione religiosa proseguisse nel proprio cammino di fede alla riscoperta di cristo Re nella storia.

da PROCIDA TRA STORIA FEDE E TRADIZIONE
un fascicoletto che ho preso all’uscita della mostra IL BELLO E IL SACRO presso la chiesa di San Tommaso d’Aquino.

Ecco i segni della fede che dobbiamo saper cogliere e interpretare!
Sono felice, in quanto devota di San Michele Arcangelo nonché innamorata dell’Isola, di contribuire a portare alla conoscenza di un maggior numero di persone, dell’esistenza da quasi 800 anni, di questa Congregazione che resiste ai colpi e alle flagellazione proprio come il Cristo prima della morte in croce.
Miei cari fratelli, permettetemi di considerarvi tali anche se non ci conosciamo personalmente, ho lasciato un pensiero in data 28 Luglio sul quaderno delle presenze, prima di lasciare la mostra… Adesso che di voi ne conosco la storia posso dire che avevo colto, già solo guardando la mostra e da come avete curato i dettagli, quel senso di devozione e fede cristiana autentica che non sapevo, ma adesso so, essere l’anima di una Congregazione che, protetta dall’Arcangelo Michele, continuerà la sua opera. Mi pregio di essere stata guidata a voi pedalata dopo pedalata in quella mia bellissima e per me indimenticabile giornata procidana.

Daniela Schiarini

In foto Daniela Schiarini
Procida, Luglio 2020
dopo una bellissima giornata in bicicletta.

San Michele Arcangelo fa scappare i Saraceni da Procida

Invero con gran flotta il barbaro corsale Barbarossa, approdato alle acque di Procida, aveva già sbarcata numerosa truppa, quale giunta era anco alla porta (ora detta di ferro) di quella Terra Murata, o Castello, entro cui chiusi i procidani tutti, scoraggiati per mancanza di mezzi di opposizione,fiduciosi imploravano aiuto dal cielo e difesa da San Michele, protettore dell’isola.
Il Santo Protettore vide la loro costernazione, ascoltò le loro voci, esaudì le loro preghiere. Quando essi a momenti temevano cadere nelle mani barbare, ecco il celeste principe sceso in loro aiuto, fé vedere tutta la Terra Murata talmente cinta di fuoco e vibrare fulmini e saette, che il barbaro corsale fu costretto non già salpare, ma rompere le gomene, e fuggire spaventato, e forse ripetendo “Terribilis est locus iste”.

storia del miracolo avvenuto nel 1535, raccontata dal curato perpetuo Nicola Ricci
Così appariva alla mia vista questo luogo soltanto 4 giorni fa…
Un raggio do luce perpendicolare dal cielo si posa sul mare creando un cerchio scuro: ovviamente non era visibile al momento dello scatto perché avevo il sole che mi abbagliava.
Erano le ore 9 del mattino.
L’incanto del luogo è innegabile e mozzafiato e per me resta un luogo carico di fede e devozione .

Il IV giorno del mio I GIORNI DEL SALE – 2016 è tutto dedicato all’incontro della protagonista Veronica con l’arcangelo che lei, non riconoscendolo nelle fattezze di un bellissimo turista biondo e dal fisico statuario che arriva dal nulla in suo soccorso per allontanare da lei una losca figura, chiama “uomo d’oro” e che così le parla:

” E’ uno dei tanti, cara la mia Veronica… è uno dei tanti che viene a disturbare il tuo cammino come fa a tanti altri buoni di cuore, sperando, e spesso ahimè riesce, di mettere un tarlo e poi un altro nella vostra mente e nel vostro cuore fino ad ammalarvi l’anima. Ti ha chiesto se credi nell’amore propinandoti l’unica alternativa possibile ai perduti come lui: adeguarsi alla massa, seguire gli istinti corrotti che corrompono fino a decomporre lo spirito. Sei la mia rosa all’occhiello Veronica, io ti ascoltavo e mi compiacevo delle tue risposte, ecco perché poi sono intervenuto.”
L’uomo d’oro l’ascoltava, si compiaceva di lei… ma nascosto dove? Era stato invisibile prima di intervenire?
[…]
” Cara Veronica la tua visita non sarà vana. Adesso sai che i giorni del sale sono anche i giorni delle tentazioni, ma queste sono unicamente superabili nell’affido incondizionato a Maria, definita la Sophia, il sale della sapienza: è tramite lei che lo Spirito Santo opera ed è solo lei che può collegarci al Figlio.”
Il suo abbraccio e poi il bacio sulla fronte furono così carichi di candore che sebbene la straordinarietà del caso, Veronica inchinatasi innanzi all’altare sul quale vi erano sia la pisside che l’ostensorio, prima che Michele scomparisse,aggiunse insieme a lui un nuovo tassello lungo il cammino della sua conversione.

Daniela Schiarini



6 agosto 2015 – Procida nei pressi dell’Abbazia di Terra Murata
Daniela Schiarini

Veronica, la spada che terrorizza i demoni

“Un uomo che a 33 anni stravolge la sua vita quando poteva continuare a fare il falegname, vivere a Nazareth con la madre come aveva fatto per tutti quegli anni senza dover arrivare alla morte in croce… […] Eh Gesù… Gesù..lo sai che anche la mia vita a 33 anni è cambiata totalmente? Ma cosa posso annunciare io? – iniziava a pensare ad alta voce. […]
Perché tanti dopo duemila anni ti cercano ancora Gesù?
Tu lo sai che io ho sofferto e soffro le pene dell’inferno?
Come può esserci un progetto d’Amore dietro la sofferenza, me lo spieghi?
Perché i bambini innocenti devono subire abusi e violenze da spettri senz’anima?

Perché tante donne straziate fino alla morte dal disamore di uomini che dicevano di amarle? Perché chi ti incontra nel cuore dice che ha incontrato la salvezza e io resto una povera disgraziata? Dove sei tu quando arrivano gli attacchi di panico e la fame d’aria e temo che i soldi non mi bastino e non so quale futuro potrò dare ai miei figli? … Do – ve se-i.

Come un grido dell’anima che riecheggiava nel deserto, ma da voce d’anima senza sesso, così Veronica innalzava la sua disperazione irrisolta, quella che le graffiava la gola per la rabbia.

Se io soffro nel mio quotidiano, Gesù, ma poi tu torni nelle mie mille congetture e negli incastri di eventi che come puzzle compongono quel che dai miei 33 anni ad oggi io sto vivendo, allora io vengo a vederti: ti chiedevo dove sei e stanotte ho sognato il luogo nel quale devo venire per incontrarti! Verrò…”
[…] Veronica partì verso un luogo di montagna, quello tra gli appennini abruzzesi che gli era stato suggerito in sogno e che scoprì essere una delle tappe dell’apostolo Tommaso, colui che del Maestro risorto e tornato tra i suoi durante la sua assenza disse ‘Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò’.

Lei come San Tommaso.

Con quale spirito Veronica andava dal Cristo il cui volto è impresso sul bisso se non assalita dalle sue ansie e dalle sue paure e da quella rabbia spesso incontenibile fino a farle male, che le faceva rifiutare l’idea che pur rispettando l’amore, questi non era stato che sofferenza e schiavitù nella sua vita?

Nel tempo del suo viaggio in autobus, mentre lo sguardo si perdeva nel verde delle montagne a capolino col cielo e qualche nuvola spazzata via da un inatteso refrigerio di fine estate io, narratrice custode di questi segreti, vi condurrò.

Siamo costantemente chiamati a noi stessi da un irrefrenabile desiderio di giungere a quella che predoni alchimisti definivano ‘isola pura’, quel luogo che per gli antichi egizi era il neter e che per nobili cavalieri era il Sacro Grall. Quanti rifiutano questo necessario ritorno al soffio che diede loro vita rifiutano se stessi e il fine ultimo della vita che è incontrare il divino che è in noi e in qualche modo sono destinati a spegnersi in una sorta di masochismo che li divorerà in eterno.
In tanti intraprendono questo viaggio interiore, ma solo ed esclusivamente perchè come gli alchimisti vogliono raggiungere il divino in sé per sentirsi Il Divino e allora sono destinati a perdersi nella follia dell’indicibile, delle suggestioni e delle ossessioni.

Veronica era partita da Napoli con un’unica certezza: aveva in sé quell’umiltà di chi già sa di essere solo un granello di sale nella terra, ma la determinazione di chi però la terra vuole nutrirla.
Con questo entusiasmo Veronica giunse a Manoppello la mattina del 24 agosto 2015.

da I GIORNI DEL SALE – 2016
di Daniela Schiarini

In foto Daniela Schiarini presso la Basilica del Volto Santo a Manoppello – Abruzzo
Agosto 2015

Oggi, nel giorno in cui si festeggia Santa Veronica Giuliani riporto questo estrapolato dal mio terzo libro, ricordando che quando scelsi il nome per la protagonista nulla sapevo, o quasi, del mondo che mi si sarebbe svelato…

” Venite tutte, o creature insensate, venite,
amate il sommo bene:
venite, peccatori,
convertitevi a Dio.
Esso è somma carità,
è infinita la sua misericordia:

lasciate di offenderlo,
tornate a Dio.
Esso è tutto amore;
vi darà il medesimo suo amore,
acciò l’amiate.
Vedete!
Come fa con me,
farà anche con voi;
venite tutti.”


Santa Veronica Giuliani


13 Sant’Antonio da Padova, il guerriero di Dio.

da CAMERA SINGOLA CON LETTO ALLA FRANCESE, 2015
– ultimo capitolo, il numero 13 “La grotta dei turchi”

Era bello per Dora sentirsi esploratrice di se stessa seguendo le tracce che Antonio lasciava nella sua vita ormai da un anno.

Padova l’accoglieva nel suo clima migliore: soleggiato e appena fresco, libero dalla morsa di umidità che l’aveva attanagliata nei giorni precedenti e si respirava nell’aria i profumi del mosto che annunciava vendemmie anticipate.

Era giunta là dove voleva arrivare e raccoglieva simbolicamente l’ultima briciola di pane come piccola Gretel nel bosco prima di alzare lo sguardo e trovarsi innanzi l’imponente basilica di Sant’Antonio, quando l’emozione la colse fino alle lacrime.
La fila di fedeli in visita al Santo era lunghissima e molti erano bambini e anziani disabili in carrozzella, molti erano gli ammalati nel corpo e nello spirito che cercavano in Antonio, a distanza di 800 anni dalla sua morte, la forza taumaturgica che ancora nei secoli compiva miracoli.

L’anima sua volteggiava tra gli angeli in alto alla cupola dipinta a cielo stellato e il senso di inenarrabile leggerezza che Dora avvertiva faceva svanire il tempo, che si posava delicatamente su tutti i presenti per carezzare in fila la pietra nera del sepolcro che custodiva le sante spoglie di quell’uomo di Lisbona che seppe dire Sì all’Amore anche quando amare è difficile.
E poi la sua lingua incorrotta nel reliquiario come eco di parole che continueranno a rimbalzare nel tempo.

Invidia, orgoglio, il vuoto… non sono casa per l’anima che accoglie la speranza, ma sono camere buie, nelle quali innumerevoli anime scelgono di restare.

“Testimoniate l’Amore che vive nel vostro cuore e sia dono gratuito ad altri cuori e a quelli impietriti lasciate un vostro sorriso come segno incancellabile della presenza del Divino nella vostra vita!”
Questo era il messaggio che Dora sentiva dettato al suo cuore da Antonio e, carica di questa passione, sarebbe tornata a Parvenza per svelare il segreto che sentiva celarsi nella Grotta dei turchi.
*continua sul testo cartaceo.

Daniela Schiairni

Grazie per aver viaggiato con me…